Dall’ipnosi al metodo catartico. Anna O. Caso clinico descritto da Joseph Breuer

Unico ad essere descritto da Breuer fra i cinque casi che troviamo negli “Studi sull’isteria’’ (di Breuer e Freud), fu quello in cui per primo il medico viennese applicò la nuova tecnica dell'abreazione avvalendosi dell'aiuto della stessa paziente.

 

Anna O., il cui vero nome era Berta Pappenheim e che aveva ventun anni all’epoca in cui si ammalò, aveva trascorso un’adolescenza del tutto sana dal punto di vista psichico, con genitori sani di mente alle spalle, benché nella sua numerosa famiglia si fossero verificati alcuni casi di psicosi. Il suo carattere, fortemente intuitivo e fantastico ma dominata da uno spirito critico molto acuto, dotato di una notevole intelligenza e di una profonda necessità, di bontà e di simpatia umana, era come raggelato dall’ambiente puritano della sua famiglia, dall’esistenza monotona che era costretta a condurvi, dall’assenza quasi totale di vita intellettuale venutale meno dopo la fine della scuola. Unico rimedio, unico abbellimento come lo descrive l’autore, il suo ‘teatro privato’, i sogni ad occhi aperti, le storie, le favole che viveva fantasticamente e che pian piano riempirono tutta la sua attività mentale, decisivi forse per quello sdoppiamento della personalità che si verificò durante la sua malattia. Nel seguire questo caso per la prima volta un medica tenta di superare la barriera del ‘conosciuto’ nella mente umana e si addentra nei labirinti dell'’inconscio’; i mezzi a sua disposizione sono però ancora così limitati che ad un certo punto non può fare a meno di rabbrividire di fronte all’abisso che ha appena intravisto.

Dall’ipnosi al metodo catartico

I sintomi che Breuer riscontra in Anna durante la prima visita sono i seguenti:

1. braccio destro e gambe completamente paralizzati
2. braccio sinistro paralizzato quasi completamente ; riesce a muovere solo un po’ le dita, ma non può mangiare da sola
3. fatica a girare la testa 
4. anche il collo sembra paralizzato
5. ha dolori al lato sinistro della fronte
6. gli occhi le si annebbiano così che lei non riesce né a scrivere né a leggere
7. strabismo
8. tosse nervosa
9. accetta di mangiare solo arance
10. non parla

La ragazza è stata visitata da diversi neurologi, che però non hanno riscontrato alcuna causa organica; per lo strabismo l’oculista ha ipotizzato la paralisi di un muscolo. Breuer crede di riconoscere i sintomi dell'’isteria, che in quest’epoca trova scarsa comprensione tra i medici i quali, impotenti a risolverne i sintomi, accusano le pazienti di fingere la malattia.

Un secolo prima Mesmer aveva propugnato l’uso dell'ipnosi nelle sindromi isteriche, ma era stato costretto a lasciare Vienna sotto l’accusa di ciarlataneria. Da allora solo pochi medici osano seguire il suo esempio. In alcuni casi la cura è efficace, specie se il medico è dotato di fascino e la paziente desidera compiacerlo; ma i sintomi ricompaiono non appena il medico cessa di averla in cura.

Breuer, che giovanissimo ha già scoperto il controllo automatico della respirazione da parte del nervo vago e il controllo che la spirale dell'’orecchio esercita sull’equilibrio, da qualche tempo si interessa all’isteria e al suo trattamento attraverso l’ipnosi. Convinto dunque che la ragazza soffra di isteria, ne ha la conferma quando, dopo averla ipnotizzata, le chiede se c’è qualcosa che la preoccupa e la ragazza scuote la testa più volte, in segno di diniego.

Un primo piccolo trionfo Breuer lo ottiene già nella seconda seduta. Egli è restio a seguire l’esempio dei suoi colleghi, i quali esortano le pazienti ipnotizzate a ‘rinunciare’ ai sintomi. Vuole andare oltre, esplorare la parte della mente che continua a pensare anche sotto l’ipnosi e scoprire il meccanismo di ‘controllo’ dell'’equilibrio mentale, scoprire che cosa impedisce alla giovane donna di organizzare i pensieri.

Dunque insiste perché la ragazza gli comunichi in ipnosi che cosa la preoccupa. La risposta è una frase sconclusionata, formata da parole in quattro lingue. Il medico non si arrende, continua a esortarla nelle sedute successive ad esprimere qualunque cosa voglia. La prima frase di senso compiuto è: ’Non piace nulla quella, Proprio non mi piace’. Si riferisce alla governante. La sua personalità inizia ad affermarsi nel momento stesso in cui può esprimere un sentimento aggressivo che le è stato insegnato bisogna nascondere. Al risveglio dall’ipnosi risponde pochi monosillabi al medico, ma sono i primi che pronuncia fuori dalla trance e per lui è il segno di essere sulla buona strada. Man mano che il dialogo con il medico continua ella riesce ad esprimere sempre di più la sua collera, alla madre, alla governante, strappa un bottone dalla vestaglia, lancia un cuscino.

Una sera in ipnosi racconta di aver visto dei serpenti che strisciavano nella stanza ma al risveglio capisce di essersi sbagliata e di aver scambiato per serpenti le ciocche dei suoi capelli scuri. Breuer intuisce che la ragazza vive in due mondi, uno più o meno normale, l’altro in cui è preda di allucinazioni terrificanti. Inizia il periodo delle favole, il periodo in cui esprimendo sotto forma di graziose fiabe o di tremende visioni i sentimenti che fino ad allora aveva dovuto chiudere in se stessa, ella riesce ad abreagire anche le emozioni ad essi collegati. Infatti alla fine di ogni favola è più serena e se per caso un giorno non riesce a farlo, il giorno seguente ne deve narrare due per tornare ad essere più calma. Il tema centrale di ogni favola è sempre una fanciulla in ansia al capezzale di un malato. Ricomincia a parlare in tedesco e può perfino lasciare il letto con l’aiuto della governante: sembra quasi che liberando i suoi sentimenti riesca anche a liberare le gambe e le braccia.

In questo clima di generale miglioramento il 5 aprile muore il padre di Anna; è un trauma gravissimo per lei, che per alcuni giorni si rifiuta di accettare l’accaduto; quando infine lo ammette, appare uno strano fenomeno: parla di nuovo solo in inglese e non riconosce più le persone intorno a lei, se non per alcuni particolari: (il naso, la bocca) che mette insieme dopo un faticoso lavoro di ricognizione, come ella stessa lo chiama. Il medico è l’unico ad essere sempre riconosciuto ed accettato e l’unico dal quale si fa imboccare. Quando verso la metà di aprile egli si deve assentare per un viaggio di alcuni giorni vorrebbe affidare la paziente ad un collega per non lasciarla senza cure, ma Anna lo rifiuta ignorandone la presenza, anzi considerandola come un affronto fattole dal medico. Durante la sua assenza rifiuta di mangiare, vede serpenti e teschi dappertutto, inizia a parlare di suicidio. Solo il ripristino della seduta quotidiana la riporta di nuovo nella realtà. Sono i primi segni del transfert che lega la paziente al giovane e bel dottore.

Ben presto, durante le vacanze passate nella casa di campagna nelle vicinanze di Vienna, un altro personaggio fa la sua comparsa nella vita di Anna e sarà quello decisivo per la storia della Psicoanalisi: il barboncino bianco della nuova governante, ‘assunta dalla mamma perché sa l’inglese, in modo che possa spiarci’, come afferma la ragazza. Il cane appare del tutto innocuo agli occhi di Breuer, mentre è “un orribile cagnetto” per Anna. Da circa sei settimane la ragazza non riesce più a bere acqua nonostante il caldo torrido, quando in ipnosi riesce a ricordare la causa di questo nuovo sintomo e ad esprimere la collera e il disgusto provato: salita in camera della nuova governante per 3 salutarla, aveva visto il cagnetto bere da un bicchiere che la padrona aveva deposto sul pavimento. Per educazione non aveva detto niente, ma da quel momento non era più riuscita a bere. Chiede dell'’acqua, beve e si sveglia dall’ipnosi con il bicchiere in mano. Il sintomo scompare definitivamente. E’ la chiave che il medico viennese cerca. Intuisce che se riesce a farle ricordare la particolare esperienza a cui ogni sintomo è associato forse essi scompariranno una volta espressa la reazione emotiva legata ad ogni ricordo.

Uno ad uno, ogni disturbo viene esaminato; per ogni sintomo ci sono vari ricordi, ma è sempre il primo quello che lo ha causato. Riguardo allo strabismo, Anna ricorda che una notte, nel mese di agosto, il padre le chiese l’ora; le lacrime le annebbiavano la vista e quindi avvicinò l’orologio agli occhi per vedere meglio: sembrava enorme e dovette stabuzzare gli occhi per lo sforzo. Anche la tosse aveva avuto origina in una delle prime notti di veglia al capezzale del padre: d’improvviso aveva sentito le note di un valzer provenire dall’ appartamento di fronte per una festa a cui anche lei era stata invitata. Provò un grande desiderio di essere lì, ma subito dopo ebbe vergogna del proprio egoismo e iniziò a tossire.

Il terzo disturbo esaminato riguardò il suo ‘vezzo di non sentire’. Esso però comprende sette categorie, ognuna delle quali è ben distinta nella mente di Anna:

  1. non sentire che qualcuno è entrato nella stanza perché assorta nei propri pensieri (la prima occasione fu quando non udì rientrare il padre in camera dopo essere stato in bagno);
  2. non capire quando più persone parlano (la prima volta riguardava suo padre e un loro conoscente);
  3. non sentire quando era sola e qualcuno la chiamava (il primo ricordo riguardava una volta che suo padre fu costretto a chiederle ripetutamente del vino);
  4. sordità indotta da una scossa fisica (il fratello l’aveva scossa violentemente per averla colta ad origliare alla porta della camera del padre);
  5. sordità indotta dallo spavento causato da un rumore (ricordò lo spavento provato quando suo padre ebbe un accesso di tosse per un boccone andatogli di traverso);
  6. sordità durante un momento di profonda absence;
  7. sordità per aver prestato attenzione intensa per un lungo periodo.

L’incapacità di parlare era sempre legata ad episodi in cui veniva accusata ingiustamente e la collera le impediva di difendersi: la prima volta la madre l’aveva accusata di aver lasciato solo il padre mezz’ora. Spesso la paura era legata ad una sua dimenticanza o leggerezza che le faceva temere che il padre sarebbe morto per colpa sua.

Gli ultimi ricordi furono i più difficili a riemergere. Quello riguardante l’allucinazione dei teschi tornò a galla per primo. Un pomeriggio la ragazza, già stremata da molte notti insonni era andata a fare visita ad una zia; nell’aprire la porta del salotto dove la cameriera l’aveva pregata di attendere, si era trovato di fronte il grande specchio ovale dalla cornice d’oro: ’d’oro…Come i capelli di mio padre, e anche i suoi, dott. Breuer: anche i suoi capelli hanno riflessi d’oro…I suoi capelli quando era giovane, e mi faceva giocare in giardino, e mi lanciava per aria, su nel cielo, e io nel ricadere mi afferravo ai suoi capelli d’oro, per sentirmi al sicuro’. E poi ancora: ’Quando spalancai la porta del salotto, mi aspettavo di vedere lo specchio con la mia faccia riflessa dentro: Invece vidi la faccia di mio padre…Il volto di mio padre nello specchio si trasformò nel volto della morte. Un teschio’. Anna sembra placata: ha rivissuto l’orrore e la paura di quel momento ed esso ha perduto il suo potere su di lei; l’allucinazione dei teschi non la perseguiterà più.

E’ arrivato il momento di mettere mano all’ultimo sintomo della paziente, la paralisi al braccio destro. Una notte che vegliava il padre ricordava di averlo sentito diventare rigido, ma oltre questo la sua mente rimaneva impenetrabile. La stanza viene sistemata in modo da ricordare la camera dell'’infermo e lentamente sotto ipnosi la ragazza inizia a raccontare. La notte precedente l’arrivo di un chirurgo che avrebbe dovuto operare il padre, spossata dalla preoccupazione e dalla stanchezza, Anna si era addormentata. Svegliandosi di soprassalto aveva visto con orrore un serpente nero strisciare sulla parete andare verso il padre; aveva tentato di alzare il braccio destro, ma non riusciva a muoverlo, dato che era rimasto per tanto tempo appoggiato sullo schienale della sedia. Si volse a guardarlo: ogni dito era un piccolo serpente nero e ogni unghia un teschio. In preda al panico provò a pregare, ma l’unica cosa che le venne in mente fu una filastrocca inglese per bambini:’Ma né i cavalieri né i fanti del re rimisero insieme i cocci dell'’uovo’. Il pomeriggio, mentre era in giardino per prendere una boccata d’aria, vide di nuovo un serpente in un cespuglio e immediatamente le si paralizzò il braccio. Poi capì che si trattava solo di un ramo contorto. La sensazione di paralisi si era associata all’allucinazione dei serpenti: al risveglio dall’ipnosi può muovere il braccio.

L’ultima seduta è alquanto drammatica per il dottor Breuer. Dopo aver salutato in mattinata la paziente ed essersi congedato da lei definitivamente, la sera dovette accorrere nuovamente al suo capezzale chiamato urgentemente dalla madre. Trovò la ragazza in preda a terribili convulsioni che ben presto diventarono simili a doglie. ‘Ecco arriva, il bambino del dottor Breuer sta nascendo!’ dice Anna contorcendosi. Breuer è sconvolto; la ipnotizza per l’ultima volta e fugge per sempre da quella casa ‘in preda ai sudori freddi’.  Non osa sfidare le leggi della mente. ‘In quel momento’, dice Freud in una delle sue lettere, ‘egli aveva in mano la chiave che gli avrebbe aperto la strada verso ‘le madri’, ma la lasciò cadere. Nonostante le sue grandi doti spirituali, Breuer non aveva niente di faustiano in sé’.

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