L'interpretazione dei sogni - I sogni infantili

Significato del sogno nell'adulto e nel bambino

Spesso nelle opere di S. Freud troviamo i sogni distinti in tre gruppi.

Il primo, di tipo infantile, sembra originato da bisogni somatici, come la fame, la sete o il desiderio sessuale e serve ad appagare, almeno in parte ed in forma allucinatoria, tali stimoli, affinché il sonno non venga disturbato.

Questo tipo di sogno non sembra necessitare di una interpretazione, benché ad una analisi più approfondita anch'esso possa rivelarsi meno innocente di quanto appaia.

Ben diverso è il tipico sogno dell'adulto dove un contenuto latente proveniente dall'inconscio è deformato e accuratamente nascosto dietro la facciata del contenuto manifesto. In tal modo il lavoro onirico, consistente nel trasporre i pensieri in esperienza allucinatoria, protegge il sonno anche dagli stimoli psichici che vela opportunamente fino a renderli accettabili all'Io del dormiente. Nell'adulto le istanze interne sono ormai ben consolidate e la censura sa quali pensieri, arrivando troppo palesemente alla coscienza, potrebbero provocare il risveglio, riportando la persona agli interessi da cui aveva dovuto distaccarsi nel momento di dormire.

Non sempre però questo lavoro riesce. Alcune volte lo stimolo non è mascherato, o non è mascherato abbastanza, e allo stesso modo di ogni situazione traumatica ingenera angoscia nell'individuo, il quale il più delle volte si sveglia in preda al terrore.

Sono questi i cosiddetti “sogni d’angoscia”, che sembrerebbero in realtà contraddire la teoria freudiana sul sogno che lo descrive sempre come il tentativo di realizzare un desiderio.

Invece proprio in questi sogni il desiderio appare così chiaramente realizzato, nell'ingannevole veste di un miraggio, da provocare il risveglio.

I sogni infantili non fanno eccezione e possono presentarsi in una delle forme descritte. Naturalmente meno l'apparato psichico sarà strutturato più compariranno i sogni del primo tipo, quelli che abbiamo descritto come la pura e semplice soddisfazione di un desiderio, nato il giorno precedente per una circostanza qualunque e non gratificato nella realtà.

Fin verso i cinque anni questo tipo di sogno è molto comune e non provoca angoscia nel bambino ma soddisfazione. Lo stesso tipo di sogno è molto comune in quelle circostanze in cui all'adulto viene a mancare la possibilità di soddisfare un bisogno primario per motivi esterni a lui, ad esempio durante un periodo di digiuno o una prigionia.

Per illustrare questo tipo di sogno Freud ne riporta qualcuno che ha potuto raccogliere nella sua stessa cerchia familiare.

Il primo si riferisce proprio a sua figlia Anna, allora bimba di diciannove mesi a cui le fragole hanno provocato un’irritazione intestinale. Tenuta a digiuno per un intero giorno, la notte la si sente parlare nel sonno: “Anna F(r)reud, f(r)agole, f(r)agoloni, uovo, pappa”, ovvero una bella scorpacciata di cibo proibito preceduto dal proprio nome per affermare il possesso con più forza.

Secondo esempio. Il nipotino Hermann, di ventidue mesi, viene incaricato dai parenti di offrire allo zio Sigmund un cestino di ciliegie per il suo compleanno. Evidentemente la cosa risulta piuttosto difficile al bimbo, che continua a tenere stretto il cestino e a ripetere: “Ci sono ciliegie”. Convinto dopo diverse resistenze a fare il dono, la mattina successiva annuncia trionfante alla madre:”He(r)mann mangiato tutte le ciliegie”.

Il terzo sogno è del figlio di Freud, Oliver. A cinque anni e tre mesi va in gita con i familiari nella valle dell'Eschen, presso Hallstatt, un posto ai piedi del Dachstein, come egli sa bene. Infatti molte volte ha osservato questa montagna dalla finestra della sua stanza, cercando di scoprire il Rifugio Simony con il cannocchiale. In gita dunque dapprima è felice della nuova esperienza e chiede continuamente se sono giunti al Dachstein. Ma ad ogni risposta negativa si imbroncia sempre più, finché si rifiuta di seguire oltre i genitori. Solo la notte successiva riesce a vedere da vicino il famoso Rifugio Simony sognando di esservi stato.

Non sempre però le cose vanno così. Spesso la tensione nel bambino è provocata da stimoli che la sua struttura psichica, benché ancora in formazione, non considera egosintonici. L'analisi e lo studio dei bambini più piccoli ci mostra che le loro angosce sono tante e di varia natura e che già a due o tre anni si sono verificati conflitti tanto profondi da richiederne la rimozione. 

Ecco allora che anche nel bambino compare il simbolismo a mascherare paure, odi, amori che, se espressi liberamente, potrebbero secondo lui provocare gravi conseguenze. Curiosità e teorie sessuali, il timore della punizione che seguirà alle pratiche masturbatorie, la paura edipica di ritorsioni, sono fantasmi che anche nei sogni di bambini piccoli appaiono mascherati opportunamente.

Del resto secondo Freud il simbolismo è una forma di pensiero tipica dell'inconscio e pertanto accessibile al bambino forse più che all'adulto.

M. Lambert riporta e interpreta così il sogno di un bambino di sette anni: “Delle vecchie persone, vecchi signori, mi prendono e mi tagliano. Essi sono in ginocchio sopra di me con un appuntito coltello da macellaio. Mi tagliano il ventre, poi le gambe e le infilano in un forno pieno di fiamme. Mi viene tagliato anche il rubinetto e la schiena. Il dottore mi guarisce, mi riattacca con molte grafes”

Dice Lambert:”… ci si domanda perché è un vecchio signore che taglia il bambino e perché è il dottore che lo guarisce. Il seguito della storia del bambino, rivelata dai suoi disegni, ci dirà che questo piccolo uomo ha avuto paura una notte di suo nonno e ha riferito a lui le sue paure edipiche. Questo permette al piccolo di esprimere la sua ambivalenza e di dare la parte del risanatore a suo padre che è medico. Il seguito mostrerà che il suo problema gira proprio attorno al suo attaccamento al padre. Questo sogno dunque ci dà un riassunto di tutta la sua storia: i giochi e i disegni lo spiegheranno poi a poco a poco.”

Riportato da Freud il sogno di una bambina di quattro anni: “Una lince o una volpe passeggia sul tetto, poi qualcosa cade o lei stessa cade e poi portano via sua madre morta” mentre la piccola sognatrice piange disperatamente. Il sogno ricorda alla bambina un episodio accaduto realmente un anno prima in cui una tegola, cadendo dal tetto, aveva ferito la mamma. In esso si esprime abbastanza chiaramente il suo desiderio di vederla morta.

Altri due sogni di bambini, tratti dall'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI di Freud e riguardanti l'evirazione.

Un bambino di tre anni e cinque mesi, il cui padre è tornato dal fronte, sogna il papà che porta la propria testa su di un piatto e la mattina seguente ne chiede insistentemente la ragione, molto angosciato. Una persona adulta invece riferisce il sogno che aveva avuto spesso all'età di sei anni. Mentre è dal barbiere per farsi tagliare i capelli, gli si avvicina una donna grande con un viso severo, che riconosce come sua madre e gli taglia la testa.

Riporto il sogno di una dodicenne:

“Mia madre era uscita, non era in casa. Io ero sola, ma all'improvviso entra un uomo mascherato, non riesco a riconoscerlo. Vuole farmi del male, forse vuole tirarmi un pugno nella pancia, ma nelle sue intenzioni questo è benevolo, un gesto di affetto. Infatti va via molto dispiaciuto della mia paura.”

Questo sogno provocò in lei tanta angoscia da svegliarla. Come si vede il simbolismo nei bambini è presente già in epoche molto lontane, ma man mano che aumenta l'età aumenta anche la complessità del simbolo e diventa sempre più difficile cogliere lo stimolo inconscio che ha generato il sogno.

Studiando i sogni infantili del primo tipo, Freud compie alcune preziose osservazioni. Essi sono semplici e non abbisognano di alcuna interpretazione, per cui è facile distinguervi un atto psichico compiuto che ha un senso ed un’origine e che spiega anche gli altri sogni più complessi e deformati dal lavoro onirico.

Innanzi tutto vediamo chiaramente come il sogno risulta originato da due tendenze opposte, ovvero il bisogno di continuare a dormire e la tensione generata da un desiderio insoddisfatto. Per questo motivo possiamo definire il sogno come “custode del sonno” e paragonarlo ad un sintomo nevrotico nel momento in cui realizza contemporaneamente le esigenze che lo hanno generato.

Altre caratteristiche generali che possono ritenersi valide per ogni sogno e che risultano chiaramente dall'osservazione dei sogni infantili sono:

  1. il sogno è il soddisfacimento di uno stimolo psichico;
  2. esso è un atto psichico dotato di senso;
  3. ha il carattere di un’esperienza allucinatoria. Infatti non sogniamo un pensiero, ma un’immagine o dei suoni o entrambi accoppiati che con un proprio linguaggio esprimono il nostro desiderio.

Interpretazione dei sogni e nevrosi infantile

Se lo studio dei sogni infantili del primo tipo ci porta a delle conclusioni molto importanti per la teoria del sogno, l'analisi di quelli della seconda serie apre la strada alla comprensione di molti conflitti nevrotici dei bambini.

Infatti, come abbiamo visto, al pari di quelli degli adulti essi esprimono paure e conflitti, sentimenti rimossi che un’interpretazione corretta può portare nuovamente alla luce, dando al bambino la possibilità di elaborarli ed integrarli nel suo Io conscio. Divenuti parte del quotidiano, i fantasmi interiori perdono gran parte della loro minacciosità e il piccolo paziente si riaccosta alla realtà senza temere di far del male o di subire ritorsioni, abbandonando così l'atteggiamento nevrotico o addirittura psicotico con il quale tentava di proteggere se stesso e i suoi oggetti d’amore.

Procediamo per questo all'osservazione di un caso clinico per renderci conto di quanto l'interpretazione dei sogni può esserci di enorme aiuto nel cogliere sul nascere il processo di rimozione nella formazione di una nevrosi. Intendo parlare del caso del piccolo Hans, il bimbo di appena cinque anni analizzato, sotto la direzione di Freud, dallo stesso padre.

Com’è noto, egli era divenuto, ad un certo punto della sua vita e precisamente qualche mese prima di compiere i cinque anni, vittima di una forma di isteria d’angoscia che si esprimeva come grave fobia verso i cavalli. Aveva paura, diceva, che lo mordessero. Ma sotto questo timore l'analisi rivelò ben presto quello ancora più profondo che il cavallo, trainando un carro pesante, cadesse per la strada e morisse. I resoconti che il padre del piccolo fa a Freud prima di questo evento, ce lo descrivono come un bambino allegro e curioso, per il momento molto interessato al proprio “fa pipì” e a quello altrui come mezzo di distinzione tra oggetti animati ed inanimati. La sua curiosità è espressa liberamente ed anche la nascita della sorellina, a tre anni e mezzo, benché provochi in lui i primi dubbi sulla favola della cicogna, non ha conseguenze visibili al momento.

E’ di pochi mesi più tardi (tre anni e nove mesi) il primo sogno che il bambino riferisce: “Oggi, mentre dormivo, pensavo di essere a Gmunden con Marield”.

Gmunden è in effetti la località estiva dove la famiglia di Hans va in villeggiatura; qui egli ha modo di scorrazzare libero tutto il giorno e di giocare con i figli del padrone di casa: Marield è la maggiore, una signorinetta quattordicenne che gli dimostra simpatia.

Il sogno dunque non esprime altro che il desiderio di tornare in un luogo dove è stato felice. Ma la crescita di Hans non prosegue per molto in modo così sereno. Sei mesi dopo, un nuovo sogno annuncia che è iniziato il processo di rimozione: “Stanotte ho sognato che c’era uno che diceva :-Chi vuol venire da me?– e poi un altro ha risposto: - Vengo io -; allora lui gli deve far fare pipì.” Nel ripetere il sogno Hans sostituisce “un altro” con “lei”.

Il sogno allude ad un gioco delle penitenze che Hans faceva a Gmunden insieme agli altri ragazzi e la “lei” si riferisce senz’altro ad una delle figlie del padrone di casa, probabilmente Berta, la più piccola. Ma al posto della solita penitenza forse Hans avrebbe voluto che il pegno fosse consistito nell'aiutare qualcuno a fare pipì.

E’ questo un periodo in cui prova un evidente piacere se viene aiutato a compiere questo bisogno fisiologico, ma già chiede di essere condotto in un luogo appartato, in netto contrasto con quanto accadeva l'anno precedente, quando faceva di tutto per essere osservato.

Tale istinto esibizionistico, ormai rimosso, trova posto nel sogno insieme al desiderio di essere toccato sul pene dalla madre o da Berta, su cui lo ha spostato. Sei mesi più tardi, a quattro anni e nove mesi, ancora un sogno preannuncia l'esplodere della nevrosi.

Il piccolo si sveglia in lacrime riferendo che mentre dormiva credeva che la mamma fosse andata via e che lui non avesse più nessuno con cui scambiare le abituali tenerezze. Freud interpreta questo come un sogno di punizione che però fallisce il suo scopo, in quanto il bambino si sveglia in preda all'angoscia.

Inoltre l'esperienza aveva dimostrato ad Hans, l'estate precedente, che di fronte a simili nostalgie la madre lo prendeva con sé nel lettone. Qualche giorno dopo egli tenta apertamente di sedurla riferendo una frase che aveva udito pronunciare alla zia: “Che bel cosino che ha Hans!” Ancora due giorni e il bambino si rifiuterà di uscire di casa per paura di essere morso da un cavallo: l'intensificato affetto per la mamma ha già subito una rimozione e si è tramutato in angoscia a causa del desiderio inaccettabile che provoca in Hans di eliminare il padre.

Sostanzialmente diversa è la funzione che riveste un sogno infantile nella storia clinica dell'Uomo dei Lupi. Per Hans il sogno di perdere la madre indica l'avvenuta rimozione del conflitto inerente al padre; per l'Uomo dei Lupi è il sogno stesso l'occasione traumatica che scatena la nevrosi.

Egli va in terapia in età già adulta per risolvere un problema attuale e l'analisi della precedente nevrosi infantile è finalizzata dunque a tale scopo. Fin dall'inizio il paziente racconta un sogno che, attraverso vari indizi apparsi successivamente, viene collocato cronologicamente poco prima del Natale coincidente con il suo quarto compleanno.

Il piccolo ha da qualche mese subito una seduzione da parte della sorella (maggiore di lui di due anni) che ha provocato un effetto durevole sul suo sviluppo psicosessuale. Un giorno la bambina gli aveva preso il pene in mano e giocava con esso, mentre gli diceva che anche la “nania”, la bambinaia, faceva le stesse cose con altri uomini. Tutto questo aveva diretto la libido del bambino verso uno scopo sessuale passivo, ossia il voler essere accarezzato sui genitali.

Rifiutata la sorella, forse a causa della rivalità che sentiva verso di lei nell'affetto dei genitori, il bambino passa a nuovi oggetti d’amore. Dapprima tenta di sedurre la nania masturbandosi in sua presenza, ma viene aspramente rimproverato e reso consapevole di una “ferita” che viene inferta a chi compia simili azioni. Impaurito il bambino abbandona le pratiche genitali e regredisce ad una formazione sessuale pregenitale, mentre il suo carattere assume indiscutibili tratti di sadismo e di cattiveria.

Lo scopo diventa ora quello di essere percosso dal padre, suo nuovo oggetto d’amore. Il piccolo si trova in questa fase di masochismo nel momento del sogno che dà l'avvio alla successiva nevrosi ossessiva.

Egli racconta quanto segue:

“Ho notato che era di notte e stavo a letto. Il letto era disposto con la parte dei piedi verso la finestra; davanti alla finestra c’era un filare di vecchi noci. Sapevo che era d’inverno, mentre sognavo e che era notte. Tutto ad un tratto la finestra si spalancò da sola e io rimasi terrorizzato nel vedere dei lupi bianchi seduti sui rami del grande noce che si trovava proprio davanti alla finestra. Erano sei o sette. I lupi erano tutti bianchi e rassomigliavano piuttosto a volpi o a cani da pastore, perché avevano grosse code e tenevano le orecchie ritte come fanno i cani quando stanno attenti. Al colmo del terrore, evidentemente di essere divorato dai lupi, mi misi a gridare e mi svegliai. La bambinaia corse al mio capezzale per vedere che cosa mi fosse successo”.

L'interpretazione è legata a due favole conosciute dal bambino, quella dei sette capretti ed un’altra che gli aveva raccontato il nonno.

Nella prima il lupo mangia sei fratellini capretti; solo il settimo riesce a scampare allo stesso destino nascondendosi nella cassa dell'orologio. 

La favola del nonno invece parlava di un sarto che tagliò la coda di un lupo entrato improvvisamente nella sua bottega. Una volta che si perse nel bosco, però, incontrò un branco di lupi tra i quali quello con la coda mozza, ben deciso a vendicarsi. Vedendolo salire su un albero per ripararsi, il lupo propose agli altri di arrampicarsi uno sull'altro per arrivare fino a lui. Ormai perso, ad un tratto il sarto gridò:”Piglia il grigio per la coda”, come aveva fatto il giorno in cui gli aveva tagliato la coda. A ricordo di quel terribile evento il lupo fuggì terrorizzato e gli altri caddero a terra.   

Servendosi, attraverso il lavoro onirico, del materiale di entrambe le favole, il sogno esprime come già realizzato quello che il bambino vorrebbe fosse il dono per il suo compleanno: una gratificazione sessuale del padre, ma non più intesa in senso masochistico. Durante il sogno stesso torna in vita un antico ricordo di cui solo ora capisce il senso: l’osservazione compiuta all’età di un anno e mezzo del coito dei genitori (ricordo reale o trasposizione della vista di un coito animale alle figure dei genitori distesi sul letto e osservati probabilmente alla stessa età).

La scena rivissuta nel sogno scatena un’emozione violentissima in lui: anch’egli vuol essere posseduto dal padre come la madre. Ma è pure il ricordo della scena primaria che gli fa comprendere (ed esprimere in immagini, secondo la peculiarità espressiva tipica dei sogni) come la castrazione sia una condizione necessaria per ottenere la soddisfazione dal padre.

Come conciliare il desiderio sessuale di tipo femminile con la paura di perdere un organo così fortemente investito di libido narcisistica? Tale conflitto porta ad una profonda rimozione del desiderio che si tramuta in paura del padre. Quest’ultima esprime la difesa del bambino attraverso gli elementi tratti dalla favola dei sette capretti.

Il padre, che suscita tali desideri conflittuali, può ben a ragione essere considerato oggetto d’angoscia da cui stare lontano.

Attraverso le associazioni del paziente, Freud interpreta così il sogno:

  1. ERA NOTTE E STAVO A LETTO. La prima parte di questa frase si riferisce alla situazione del sogno, la seconda a quella in cui il bambino piccolissimo osserva i genitori durante la scena primaria.
  2. TUTTO AD UN TRATTO LA FINESTRA SI SPALANCÒ DA SOLA. Mi svegliai spontaneamente.
  3. IL GRANDE NOCE. E’ l’albero di Natale sul quale il bambino si  aspetta di trovare i doni e contemporaneamente l’albero sul quale il sarto trovò riparo nella favola del nonno.
  4. I LUPI. Rappresentano sia il padre per il loro atteggiamento “immobile” (distorsione onirica per esprimere con il suo contrario il movimento agitato della scena primaria), sia la madre, ovvero il lupo del sarto e il bambino stesso la cui castrazione è iper-compensata da folte code.
  5. ERANO SULL’ALBERO. In qualità di doni di Natale.
  6. ERANO TUTTI BIANCHI. È questa la condensazione di più elementi: innanzi tutto il biancore delle lenzuola e della biancheria dei genitori, il bianco delle pecore e dei cani che probabilmente il bambino ha avuto modo di osservare durante il coito, la zampa bianca attraverso la quale i capretti della favola riconoscono la madre.
  7. AVEVANO LA CODA COME LE VOLPI. Una negazione della conclusione a cui è giunto il bambino attraverso le sue ricerche sessuali: che la castrazione esiste realmente.
  8. LA PAURA DI ESSERE DIVORATO DAI LUPI. Riferimento alla favola dei capretti: il desiderio viene sentito incompatibile con l’esigenza di conservare il pene e si trasforma quindi in angoscia.

Non sempre i sogni riferiti dai bambini nel corso della seduta analitica offrono la possibilità di essere interpretati con il normale procedimento psicoanalitico, ovvero attraverso le associazioni d’idee prodotte dal paziente stesso, tanto più nel caso di bambini molto piccoli incapaci di collaborare adeguatamente.

Può essere di grande utilità adottare in questi casi la metodologia elaborata dalla Klein, ovvero una tecnica che si avvale del gioco per fornire un’adeguata spiegazione al materiale inconscio e di conseguenza anche al sogno.

Ella sostiene che il gioco, su cui poggia tanta parte del suo lavoro di analista infantile, può essere interpretato con lo stesso procedimento usato per i sogni e che entrambi svolgono la stessa funzione sia nell’esaudimento fantasmatico del desiderio sia nel cercare di sviluppare, nella ripetizione dell’evento traumatico, uno ‘stato di apprensione’ che appunto è mancato al momento del trauma: l’Io del bambino, colto impreparato, ha subito un profondo sconvolgimento e la ripetizione, attuata nel gioco e nel sogno e preceduta questa volta dall’apprensione, ha lo scopo di insegnargli a dominare la tensione prodotta, ad esempio, da un sentimento ch’egli ritiene inaccettabile.

Come esempio riportiamo il caso di Kenneth, trattato dalla Klein ne LA PSICOANALISI DEI BAMBINI. Esso ci dà la possibilità di comprendere come un sentimento rimasto fino ad allora relegato nell’inconscio (e il cui irrompere nella coscienza è profondamente temuto) si riaffaccia, mascherato, esclusivamente nel sogno. L’interpretazione, sollevando i veli che lo nascondono, ha quindi la funzione di alleggerire l’angoscia del piccolo paziente.

Kenneth era un bambino di nove anni al momento iniziale dell’analisi, ma dimostrava uno sviluppo intellettuale di non più di sette.

I suoi problemi riguardavano principalmente un difettoso sviluppo del carattere: aggressivo ed insolente in casa quanto inibito nell'ambito scolastico, soffriva di una grave angoscia mascherata da un’apparente disinibizione in materia sessuale; usava volentieri espressioni sconce e non nascondeva troppo, proporzionalmente all'età, la sua attività masturbatoria.

Dalle parole della madre risultava che il bambino era stato iniziato sessualmente da una bambinaia, di nome Mary, in età molto precoce, benché egli, che ricordava chiaramente il fatto, lo collocasse nel racconto all'inizio del quinto anno di età.

La donna sembrava essergli affezionata, ma doveva averlo picchiato molto duramente nell'educazione alla pulizia. Nonostante che ricordasse con chiarezza l’episodio della seduzione, Kenneth aveva sempre negato le percosse di Mary e la propria paura nei suoi confronti.

Il primo sogno che raccontò, all'inizio dell’analisi, era un sogno ricorrente che aveva avuto dopo i cinque anni, ossia di toccare i genitali di una donna e di masturbarla. Ella gli era sconosciuta.

Poco dopo riferì in analisi un incubo nel quale vedeva, improvvisamente, un uomo seduto al posto dell’analista. Quindi questi si spogliò e il bambino notò con orrore che aveva un pene eccezionalmente grande. Era questa una chiara allusione alla teoria infantile della ‘donna col pene’, che evidentemente era personificata per lui da Mary, la quale più volte lo aveva picchiato con un bastone.

Ancora però la paura non affiorava alla soglia della coscienza. Solo un secondo sogno, unito ai giochi che stimolò e alle associazioni che il ragazzo produsse spontaneamente, ottenne questo risultato.

Kenneth nel sogno si trovava nella stanza da bagno e stava urinando; entrò un uomo e gli sparò una pallottola che gli colpì un orecchio staccandoglielo.

Mentre raccontava questo sogno il ragazzo fece varie operazioni con i cubi che erano sul tavolo da gioco: lui, suo padre, suo fratello e Mary erano rappresentati da un cubo e dormivano ognuno in una stanza. Kenneth raffigurò varie volte la bambinaia nell'atto di picchiarlo con un bastone per punirlo di essersi masturbato e bagnato. Le prime volte egli riusciva a fermarla masturbandola, ma alla fine dovette intervenire in suo aiuto il fratello, in quanto Mary minacciava ugualmente di ucciderlo.

Solo allora divenne chiara al bambino la paura che egli aveva provato per Mary e dietro ad essa, ancora attualissima, la paura della madre cattiva alleata al padre castratore.

Ho tratto dall'ANALISI DI UN BAMBINO un altro esempio di come gioco e disegni prodotti dal bambino siano di grande aiuto nell'interpretazione dei sogni infantili.

Richard è un bambino di dieci anni quando va in analisi. La paura degli altri ragazzi che incontrava per strada gli impediva di uscire da solo e gli aveva fatto odiare la scuola. Inoltre era molto preoccupato della guerra e pensava spesso ai crimini di Hitler.

Nella ottantacinquesima seduta, ovvero quando già è consapevole di dover lasciare l’analisi molto presto, racconta con tinte vivaci e drammatiche un sogno, che descrive spaventoso ma nello stesso tempo eccitante.

Aveva visto la propria analista in attesa davanti alla fermata dell’autobus, nel punto in cui partiva per “Y”. L’autobus però non si era fermato e per partire il bambino si era dovuto servire di una roulotte. Insieme a lui c’era una famiglia molto felice, composta da padre, madre, molti bambini, un cane, un gatto e un gatto nuovo, che però era molto bello: i denti sembravano perle e assomigliava tanto ad un essere umano. La roulotte superò un’isola il cui cielo, gli alberi e tutte le persone e gli animali erano neri e immobili. All'improvviso Richard aveva gridato: ”Olé, laggiù” e l’incantesimo si era spezzato. Ogni cosa era tornata viva, le persone cantavano, il cielo era nuovamente azzurro.

Quando aveva iniziato a raccontare il sogno si era messo a disegnare l’isola, la gente e gli alberi neri, il gatto “umano”, gli altri animali, la strada.

Poi iniziò ad interessarsi dei giocattoli, nel momento in cui raccontava che la gente diventava viva. Agganciò due vagoni del treno, vi posò l’altalena e lo fece partire. Poi tolse l’altalena e compose il treno merci con tutti i vagoni che trovò. Fatto questo invitò l’analista a casa sua esprimendo il desiderio di farle incontrare il papà.

Melanine Klein sovrappose l'interpretazione del gioco a quella del sogno: il treno con tutti i vagoni era l’equivalente della famiglia felice del sogno ed esprimeva contemporaneamente il desiderio che l'analista facesse parte della propria famiglia insieme ai suoi bambini e l’armonia tra tutte le persone amate interiorizzate.

In realtà il sogno denotava che nella psiche del bambino esistevano da una parte una famiglia felice ed unita e dall'altra oggetti che rappresentavano le feci e i genitali velenosi (gli animali, le persone e gli alberi neri).

Rompere l’incantesimo significa eliminare la scissione e riunire l’analista alla propria famiglia preserva Richard dall'angoscia della prossima separazione e dal timore di provare per questo sentimenti odiosi verso una persona tanto amata.

 

Secondo la Klein, il conflitto edipico e la nascita del Super-io avrebbero un’origine molto precoce, già nella seconda metà del primo anno di vita per espandersi gradatamente fino al terzo anno di età, quando gli impulsi genitali soppiantano quelli pregenitali.

Accogliendo la tesi freudiana della polarità tra istinto di vita ed istinto di morte, ella avverte la loro influenza già nei primi mesi di vita del bambino; nel piacere della suzione vede il dispiegarsi della libido, mentre nella masticazione sembra attuarsi l’istinto sadico e distruttivo.

Fin dunque dai primi giorni di vita le componenti pulsionali, libidiche ed aggressive, fanno la loro comparsa nella pur ridotta attività del bambino.

Fattori esterni e costituzionali determineranno quale sarà lo stato della sua salute psichica. Infatti una eccezionale robustezza dei muscoli mascellari unita ad esempio ad una insufficiente alimentazione provocano uno sviluppo abnorme e precoce del sadismo orale a scapito di un andamento soddisfacente della fase della suzione ed imprimendo nel bambino un ben determinato modo di impostare i rapporti con i suoi oggetti.

Ben presto il bambino impara a riconoscere il potere della madre di dare o negare il soddisfacimento e ben presto cerca di difendersi dai sentimenti distruttivi che prova dentro di sé proiettandoli all'esterno e attribuendoli al seno ‘cattivo’ che nega il latte e idealizzando il seno ‘buono’ che lo concede: sentimenti distruttivi consistenti nel desiderio reattivo di impossessarsi del contenuto del seno divorandolo. Tanto più grande sarà il suo sadismo, tanto più cattivo e persecutorio sarà considerato quest'ultimo.

Per la Klein proprio la frustrazione orale sarebbe il primo propulsore per l’evolversi del conflitto edipico, ai suoi albori in quest’epoca dello sviluppo e colorato di tendenze orali.

In effetti a quest’età il bambino è più orientato verso oggetti immaginari che verso oggetti reali ed è verso di loro che indirizza sentimenti ed angosce; è a loro che si riferiscono le sue fobie e i terrori notturni. Questi oggetti terrificanti, introiettati, costituiscono la base di un Super-io primitivo, temibile quanto l’odio che l’Io immaturo del bambino ha scatenato sui propri oggetti. Sarà solo nell'ulteriore corso dello sviluppo che gli impulsi libidici prederanno il sopravvento su quelli aggressivi e man mano che l’amore subentrerà all'odio anche il Super-io si plasmerà su un modello più mite.

Inoltre, un migliorato esame di realtà consentirà al bambino di paragonare i propri terrifici oggetti interni a più elementi e reali oggetti esterni che lo conforteranno sull'esistenza dei suoi oggetti buoni e sulle sue capacità riparatrici.

Super-io e senso di colpa, quindi, hanno la loro derivazione più propria dagli istinti aggressivi indirizzati sugli oggetti piuttosto che dal progetto incestuoso. Grazie alla luce gettata in quest’epoca remota della vita umana dagli studi kleiniani, sembra logico attendersi l’esistenza di diversi meccanismi difensivi che aiutino il bambino ad arginare così gravi conflitti.

Uno di essi è senz'altro quello della ‘personificazione’, scoperto dalla Klein attraverso lo studio del gioco dei piccoli pazienti; esso ci dischiude le porte di un’altra dimensione anche per quanto riguarda l’interpretazione dei processi onirici.

Infatti secondo l’autrice in essi non troviamo espressa solo la realizzazione del desiderio, ma sono anche sempre presenti il senso di colpa e le controcariche provenienti dal Super-io. I personaggi che compaiono sono sì la rappresentazione di persone reali ma anche la raffigurazione di parti di sé sentita e proiettata all'esterno e parti della propria struttura psichica: il Super-io persecutore e la violenza del proprio Es possono trovare raffigurazione nei panni di persone note.

Una piccola paziente, Trude, di tre anni e nove mesi, viene portata in analisi per una sola seduta e quindi parte per l’estero insieme alla madre. L’analisi viene ripresa dopo sei mesi e l’unico accenno che la bambina fa al viaggio è un sogno in cui si vede con la madre in Italia, in un ristorante che già conosceva. La cameriera non le aveva dato lo sciroppo di lampone perché non ce n’era più.

All'analisi questo sogno si rivela auotopunitivo per i desideri di morte e di invidia (provocati dalla frustrazione orale e dalla situazione edipica) espressi verso la madre e la sorella.

Per illustrare più compiutamente questa concezione della Klein vorrei riportare qui con le sue stesse parole l’interpretazione del sogno di una paziente (adulta).

“Una paziente aveva sognato di trovarsi alle prese con una bambina malvagia che aveva deciso di uccidere qualcuno. La paziente aveva cercato di influenzare o controllare la bambina e di ottenere da lei una confessione che le avrebbe giovato, ma senza alcun risultato. Anch'io entravo nel sogno: la paziente pensava che potevo aiutarla. Poi aveva legato con un cappio la bambina ad un albero per spaventarla ed impedirle di nuocere. Alla fine, quando ormai stava per tirare il cappio e uccidere la bambina, la paziente si era svegliata. L’analista era stata presente anche nell'ultima parte del sogno ma era rimasta inattiva”.

L’analisi di questo sogno mi indusse a interpretazioni di cui riferirò qui l’essenziale. Nel sogno la personalità della paziente era scissa in due parti. Una rappresentava la bambina malvagia e incontrollabile, l’altra colei che cercava di controllarla e tenerla a freno. La bambina simboleggiava ovviamente anche altre figure del passato, ma nella fattispecie rappresentava principalmente una parte del Sé della paziente. Interpretai inoltre che la persona che la bambina era risoluta a uccidere era l’analista; nel sogno però io avevo anche la funzione di impedire che il delitto fosse compiuto. L’uccisione della bambina – alla quale la paziente aveva dovuto infine fare ricorso e che stava per compiere quando si era svegliata – rappresentava l’annientamento di una parte della personalità della paziente.”

Concezione infantile del sogno

Il motivo per cui alcune volte bisogna ricorrere ad altre tecniche per interpretare i sogni infantili risiede nel fatto che in questi casi i bambini non riescono ad associare nulla al prodotto onirico; in realtà solo gradatamente essi imparano a percepire se stessi come esseri pensante e a distinguere pensieri e sogni come diversi dalla realtà.

Per comprendere come i fanciulli concepiscano il sogno mi pare interessante lo studio di Piaget (riportato da Guido Setter) su un numero di bambini, suddiviso in gruppi per vedere come le risposte cambiano rispetto all'età.

Ad ogni bambino viene rivolto un certo numero di domande su quattro punti fondamentali:

  1. la provenienza dei sogni
  2. il luogo dove si svolge il sogno
  3. l'organo con il quale si sogna
  4. il perché dei sogni 

Le risposte ottenute riflettono tre momenti di sviluppo ben determinati.

I bambini più piccoli, fin verso il sesto anno di vita, tendono a considerare il sogno come qualcosa di esterno, appartenente al mondo fisico e proveniente da un punto concreto (dal cielo, dalla notte, dalle nubi). Essi credono di osservare i fatti così come osservano le altre persone del mondo reale e nel posto che viene sognato ed inoltre ritengono che il sogno abbia la funzione di punire, minacciare, divertire, ecc. il bambino stesso o le persone che egli ha sognato.

In questo stadio viene confusa l’immagine onirica con l’oggetto a cui tale immagine si riferisce.

Verso gli otto anni avviene un importante progresso nello sviluppo del pensiero umano: il bambino comincia a distinguere tra mondo interiore e mondo esteriore, per cui può anche comprendere come i sogni non siano una realtà oggettiva, benché conservino ai suoi occhi un certo carattere di materialità. I bambini a questa età pensano che i sogni provengano dalla testa e dal pensiero di chi sogna, ma che gli si collochino ‘davanti’ o sul muro, benché visibili solo dal sognante.

Solo verso i dieci anni i ragazzi riescono a comprendere l’immaterialità del sogno e a percepirlo come prodotto del pensiero e non della materia; il sogno proviene dall'interno ed è una realtà soggettiva.

BIBLIOGRAFIA

Sigmund FREUD

Melanine KLEIN

Per i riferimenti a I.M. Lambert e Guido Petter vedi la rivista L’EDUCATORE ITALIANO – Anno XIII – n. 21/22

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