Il mio pensiero sulla parità di genere inserito nella raccolta di scritti curata dalla Commissione per la parità di genere nell'anno rotariano 2022/2023, presieduta dall'Avv. Daniela Mascaro e dal Presidente Dottor Roberto Caruso
Un gruppo sulle pari opportunità nel 2022 potrebbe sembrare anacronistico visto che la Costituzione nell'Art. 3 riconosce a tutti i cittadini della Repubblica italiana pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso. Dovrebbe bastare questo per rendere obsoleto il problema della parità di genere.
Per onestà intellettuale devo riconoscere che ogni volta che io stessa ho assunto dei ruoli di tipo maschile non ho ricevuto mai contrasti. Credo che lo stesso valga per tutte voi, donne sempre intensamente impegnate nel sociale e nella vita lavorativa.
Ma se siamo qui a far parte di un gruppo che lavori in funzione delle pari opportunità è evidente che qualcosa ancora non va.
Nel corso degli anni la mia riflessione su questo tema, devo dire, è stata molto intensa e non nascondo che le impotenti mani di Euridice invano tese per raggiungere l'amato hanno turbato molto le mie fantasie di adolescente, legandosi indissolubilmente alla sofferenza esistenziale di quegli anni e degli anni successivi nonché alle esperienze di vita non sempre soddisfacenti.
Perché tanto dolore, tanta difficoltà nelle relazioni affettive che pure dovrebbero agevolarci nella vita? In natura, tra gli animali e le piante, non esiste una rivalità fra maschio e femmina, solo una "fatale" e irresistibile attrazione tesa a continuare la specie.
La rivalità e il conflitto fra i sessi sono prodotti tipicamente umani e questo ci porta a ritenere che non siano un fatto dovuto alla natura bensì alla cultura, una creatura che si è voluta con l'uomo, fosse pure allo scopo della sopravvivenza.
Io ho creduto di individuare l'origine di tanta sofferenza nell'istituto del matriarcato, un istituto ancora molto presente e marcato, a mio avviso, in tutte le culture e soprattutto abbastanza evidente nel nostro contesto esistenziale. È un contesto dove alla donna è negato talvolta un potere attivo ma che risente in modo vivido del mondo greco, da cui la nostra cultura proviene, e del gineceo all'interno del quale veniva impartita la prima educazione ai bambini.
In larghi strati della popolazione la donna è il vero capo della famiglia e colei che impartisce l'educazione ai fanciulli, trasmettendo i propri valori e le proprie credenze, nonché i propri bisogni ed aspettative.
In questo contesto la vera diversità fra maschi e femmine consiste soprattutto nell'educazione sessuale impartita ai due generi. Diversità che a mio parere non è stata ancora superata, benché oggi molte di noi hanno un'attività lavorativa che consente di raggiungere gli stessi livelli economici e la stessa libertà sociale riservate agli uomini.
Si inserisce qui bene, nella mia riflessione, la figura di Proserpina: la fanciulla rapita contro la sua volontà dal dio Plutone, re degli Inferi, il luogo della morte e della rinascita secondo la mitologia greca, il luogo dove coesistono la morte e le immense ricchezze che il grembo della terra costudisce. Il regno oscuro del femminile contrapposto alla luminosità del sole, simbolo del maschile.
Divenuta regina degli Inferi Proserpina ha un potere immenso: commossa dal canto di Orfeo può restituire la vita alla sua sposa, ma è anche in suo potere di richiamarla indietro per sempre.
La metamorfosi di Proserpina è la stessa (a mio parere) che ogni donna subisce, nel mondo matriarcale, durante il corso della sua vita. La fanciulla entra nella famiglia del marito priva di alcun potere e assume negli anni diritti e privilegi legati alla crescita dei figli con i quali si allea. A sua volta diviene la madre, e la matriarca.
È dai figli che la matriarca trae il suo potere e i figli deve mantenere strettamente legati a sé per continuare a gestirlo sia dal punto di vista della riproduzione che dal punto di vista economico. È da questo bisogno materno che deriva la diversa educazione sessuale che viene impartita sia ai maschi che alle femmine.
Potrei riferire molti fatti che evidenziano come il maschio venga limitato nella vita sentimentale dai precetti che riceve sia dal padre (e dal gruppo dei maschi in genere) che dalla madre. Lo stesso avviene per noi donne, rese fragili da una educazione sessuale repressiva che ci porta a condannare la nostra sessualità e la nostra libertà di scelta nel campo sentimentale.
Un maschio che teme di diventare ridicolo qualora innamorato e devoto alla sua donna, deriso se non pronto sempre e comunque ad adempiere ai suoi doveri maschili di accoppiamento. Una femmina profondamente convinta di essere una poco di buono nell’espressione di impulsi sessuali che non siano strettamente legati alla riproduzione e alla maternità (non dimentichiamo la camicia da notte di gattopardiana memoria).
Un maschio ed una femmina che si odiano e si colpiscono a vicenda senza esclusione di colpi. Questo è ciò di cui la matriarca ha bisogno per mantenere intatto il suo potere e uscire dallo stato di fanciulla povera e sottomessa ai voleri altrui.
Tutti figli di uno stesso Dio, in fondo.
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