Il fascino di un mistero
Il sonno e il sogno, benché fenomeni del tutto naturali, suscitano in ognuno di noi paura, in quanto ci mettono in contatto, anche se in modo deformato, con parti di noi sconosciute alla coscienza.
Il libro INVIDIA E GRATITUDINE fu scritto da Melanie Klein nel 1957, pochi anni prima della sua morte, a conclusione di un lungo lavoro d'indagine e di analisi con pazienti adulti e soprattutto con bambini. Fino a quel momento questi ultimi erano stati ritenuti non adatti per la cura psicoanalitica a causa della loro incapacità di usare le libere associazioni.
Intorno agli anni quaranta dalla Psicoanalisi e dalla ricerca ricca e prolifica di prese di coscienza che avevano rivoluzionato il concetto che l'uomo aveva di se stesso nacque un nuovo modo di fare terapia che il suo ideatore, S. H. Foulkes, denominò "Terapia gruppoanalitica". Egli, un aspirante psichiatra che per caso aveva scoperto Freud, fu il primo a rivolgere l'attenzione all'analisi di gruppo e a proporla come importante fattore terapeutico. Dopo essere stato analizzato e aver cominciato a lavorare come psicoanalista, iniziò a pensare al gruppo e al lavoro di gruppo intorno al 1925, quando alcuni articoli di Trigant Burrow su un'esperienza fatta da un determinato numero di analisti (che si riunivano per confrontarsi) lo incuriosì e stimolò a tal punto che la terapia di gruppo divenne, grazie ai suoi studi, un importante e moderno strumento terapeutico.
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Con il coraggio che lo distinse nello svolgimento di tutta la sua opera, nel 1919 Freud si accinse a compiere una nuova ed importante revisione di un aspetto della sua metapsicologia che fino ad allora egli aveva sostenuto con molto vigore. Attraverso il contatto e lo studio delle nevrosi si era reso conto di come nell'uomo agisse una forza prorompente che lo spingeva continuamente verso la vita. Egli chiamò questa forza libido e presuppose che l'apparato psichico tendesse comunque e sempre al piacere, inteso come lo scarico più immediato possibile delle tensioni, affinché l'organismo tornasse ad uno stato di quiete.
L'oracolo predice a Laio, re di Tebe, che se un giorno avrà un figlio questi lo ucciderà e sposerà la madre. Sarà l’adempimento della maledizione lanciata contro di lui dal padre del giovane Crisippo, rapito dal re tempo prima. Da questo momento Laio rinuncia a qualsiasi contatto con la moglie Giocasta per evitare l’avverarsi della profezia. Delusa e scontenta di non poter accedere al ruolo materno che, solo, nell'antica Grecia conferiva qualche dignità alla donna e attribuendo alla mancanza di figli il rifiuto del marito, la regina ricorre allo stratagemma di farlo ubriacare e concepisce così il figlio Edipo, di cui però il padre decreta la morte. Dopo soli tre giorni dalla nascita lo consegna con le caviglie perforate alla moglie perché a sua volta comandi ad un pastore di abbandonarlo sul monte Citerone. Impietosito, il pastore regala il bimbo ad un servo del re di Corinto. Qui Edipo viene cresciuto con affetto dai sovrani della città. A questi era stato predetto che avrebbero avuto un figlio venuto dal cielo.
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